28. L’unità del Presbiterio
è fondata sul Sacramento
dell’Ordine, dono di Cristo, Sommo ed
Eterno Sacerdote. La Consacrazione sacerdotale
configura a Gesù, Buon Pastore, e stabilisce uno
specifico vincolo con il Vescovo, Padre e Pastore
della Chiesa Particolare, e con tutti i Confratelli:
“I Vescovi - afferma il Concilio - sono il visibile
principio e fondamento di unità nelle loro Chiese
Particolari, formate ad immagine della Chiesa
Universale, e in esse e da esse è costituita l’una
e
unica Chiesa Universale”. E il Santo Padre
ricorda che “molto antica è la tradizione che presenta
il Vescovo come immagine del Padre, il
quale, secondo quanto scriveva sant’Ignazio di
Antiochia, è come il Vescovo invisibile, il Vescovo
di tutti. Ogni Vescovo, di conseguenza,
tiene il posto del Padre di Gesù Cristo”. Ogni
Sacerdote partecipa della missione del Vescovo
in virtù dell’Ordinazione e del mandato ricevuto:
“cor unum et anima una”. Per questo ogni Cappellano,
seppure a notevole distanza dagli altri, è
“solo ma insieme”: si tratta di quell’essere “insieme”
che non nasce dalla vicinanza fisica ma
dall’essere in “comunione”, a partire da quella
sacramentale.
Una evidente caratteristica del nostro Presbiterio
è quella di essere non solo composito,
con Confratelli provenienti da tutta l’Italia - Diocesi
e Ordini Religiosi -, ma anche di essere
esteso su tutto il territorio del Paese e anche all’estero.
È dunque il Presbiterio più sparso:
“sparso” ma non “disperso”! È dunque
necessario
vivere questa situazione con coscienza e
responsabilità, come una grazia e un compito.
29. Sul piano educativo, ribadisco alcuni
criteri:
1) è necessario che voi, seminaristi, impariate
da subito a considerare le “diversità caratteristiche”
dei vostri compagni con occhi positivi,
cioè come un’opportunità per conoscere
sensibilità e tradizioni diverse, provenienti da
regioni ed esperienze peculiari. Sarà più facile,
domani, rapportarvi con i Confratelli in
modo costruttivo, senza far diventare alcune
differenze fonte di opposizione anziché occasione
di crescita e di arricchimento. I Confratelli,
come i fratelli di sangue, non si scelgono,
si accolgono;
2) è indispensabile che maturiate la convinzione
che il primo e fondamentale punto di appoggio,
dopo il Signore e il Vescovo, sono i
Confratelli. Cercare altri punti di sostegno
permanente e fedele, è di solito illusione. Chi
condivide la grazia e la responsabilità del
Sacerdozio può comprendere meglio di
chiunque la bellezza, ma anche le difficoltà e
le sofferenze della missione pastorale. Per
questo dobbiamo essere certi che i Confratelli,
a partire dal Vescovo, sono sempre al
nostro fianco, ci difendono e sostengono davanti
a tutti. Chiaramente essi, in nome della
medesima fraternità, ci possono dire una parola
di richiamo se il nostro comportamento
o qualche azione devono essere aggiustati. È
questo il nostro “spirito di corpo”, che si
chiama, meglio, “senso della Chiesa” e “comunione
presbiterale”. La testimonianza di
un Presbiterio compatto, che non si accusa o
sparla ma si sostiene e valorizza, è il primo e
più grande annuncio del Vangelo al nostro
mondo che ci osserva con attenzione. Evidentemente,
in questa prospettiva, il gusto di
chiacchierare, di far vedere che uno sa più
dell’altro, addirittura di inventare le cose sul
prossimo, di “impicciarsi” - che non è il rispettoso
interesse per gli altri - di esibire conoscenze
e relazioni “prestigiose”… non solo
viene a cadere, ma appare in tutta la sua meschinità
umana e antievangelica. Sarebbe un
inequivocabile impedimento per l’idoneità
che la Chiesa richiede in vista del Sacerdozio.
Se l’amore al Presbiterio è elemento
indispensabile per la formazione dei futuri
Sacerdoti di ogni Diocesi, in un certo senso
lo è a maggior ragione per i seminaristi dell’Ordinariato
Militare in forza della sua
estensione. Questa richiede una incisiva e
concreta consapevolezza nel perseguire la
comunione e la collaborazione presbiterale
ad ogni costo;
3) ecco perché, come ho già rilevato, la partecipazione
regolare, attiva e cordiale, agli incontri
di Zona Pastorale sarà una forma irrinunciabile
per esprimere e alimentare la vostra
comunione con i Confratelli. Risponde
alla logica dell’Incarnazione: i buoni sentimenti,
i desideri, devono manifestarsi, incarnarsi
in gesti concreti e coerenti. Altrimenti
restano pie intenzioni. Cioè inutili. Ciò deve
far superare ogni ostacolo: distanze, impegni,
qualche incomprensione, ricordi non sempre
lieti. Dio non voglia, antipatie, ripicche e
risentimenti vecchi o nuovi;
4) proprio perché il Presbiterio partecipa della
missione del Vescovo, ricordate sempre con
gioia che ogni Sacerdote vive di un particolare
vincolo sacramentale con colui che nella
Diocesi è il principio visibile e il fondamento
dell’unità ecclesiale. Ciò comporta quella
virtù che il Santo Padre chiama “obbedienza
apostolica, nel senso che (il Sacerdote) riconosce,
ama, serve la Chiesa nella sua struttura
gerarchica. Non si dà, infatti, ministero
sacerdotale se non nella comunione con il
Sommo Pontefice e con il Collegio Episcopale,
in particolare con il proprio Vescovo
diocesano, ai quali sono da riservarsi ‘il
filiale rispetto e l’obbedienza’ promessi nel
rito dell’ordinazione”. E ancora: “Obbedendo
per amore, rinunciando magari a legittimi
spazi di libertà quando si tratta di aderire
all’autorevole discernimento dei Vescovi,
il sacerdote attua nella propria carne quel
‘prendete e mangiate’ con cui Cristo, nell’Ultima
Cena, affidò se stesso alla Chiesa”.
Una obbedienza continuamente discussa,
“contrattata”, non è più tale. Abituatevi
a presentare
al Superiore situazioni e aspetti a lui
sconosciuti, in vista di un suo discernimento
più illuminato. Fatelo con semplicità e limpidezza,
discrezione e umiltà, senza coltivare
progetti individuali mascherati da disponibilità
apparente. Non sareste né onesti né liberi,
e non fareste un servizio al discernimento del
Vescovo. Abituatevi, inoltre, ad obbedire
senza discussioni o reticenze. Dovete allenarvi
ad obbedire innanzitutto non in forza di
ragioni condivise ma per la fede, che ci garantisce
che il Signore agisce attraverso la
Chiesa rappresentata nel Superiore del momento.
A volte si conoscono le ragioni della
direttiva e si condividono: allora l’obbedienza
è facile. Altre volte non si possono
conoscere per dovere di riservatezza e di
carità. Altre volte, pur conoscendole, non si
condividono.
Un’obbedienza sempre e solo “compresa
e condivisa” esprimerebbe veramente la docilità
e l’affidamento a Cristo e alla Chiesa?
Dovete iniziarvi ad obbedire con il cuore,
nonostante difficoltà e sofferenze che tutti
conosciamo, e con la convinzione che il
Beato Giovanni XXIII ha espresso nel suo
motto episcopale: “Oboedientia et pax”.
Se l’educazione all’obbedienza soprannaturale
è un punto irrinunciabile per ogni
seminarista e Sacerdote, lo è tanto più per il
futuro Cappellano Militare che è chiamato a
obbedienze anche rapide e radicali date le
esigenze peculiari della Diocesi. In questa
prospettiva, vi invito non solo a conoscere le
Norme della Chiesa, sia universale che particolare,
ma anche “l’animus” del Vescovo. Il
colloquio con lui, la lettura attenta e meditata
dei suoi scritti, sono quindi parte integrante
della vostra formazione;
5) è necessario che impariate già ora a vivere
con i vostri compagni - a livello spirituale,
psicologico, affettivo, morale, pratico -
quella “comunione sacramentale” che un
giorno, a Dio piacendo, riceverete con la
sacra Ordinazione;
6) in questa medesima ottica, è indispensabile
che ogni seminarista acquisti l’attitudine,
interiore ed esterna, a rispettare coloro che
sono i più diretti collaboratori del Vescovo:
Vicario Generale, Ispettori-Vicari Episcopali,
Superiori del Seminario, Capi Servizio. Le
Norme - ecclesiastiche e militari - devono
essere osservate a prescindere dalla persona
diretta di riferimento: prima della “persona
preposta” è da considerare la “funzione”,
che
è assolutamente necessaria per il buon ordinamento
dell’intera Comunità. |