Indice
Introduzione
I. La scelta del tema
II. Verso il “centro"
III. La vita spirituale
IV. Le sorgenti della vita spirituale
V. Nel grembo della Chiesa
VI. Maria, Maestra di vita spirituale

Bagnasco

Torna all'indice
 
MARIA MAESTRA DI VITA SPIRITUALE  

44. “Maria serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Luca 2, 19)
L’evangelista apre con sobrietà uno spiraglio sul mondo interiore di Maria: ne possiamo intravedere un triplice atteggiamento: raccoglimento, riflessione e vita.

* La Madre di Gesù non disperde nulla di quanto avviene attorno al figlio: come un giorno il Signore ordinerà agli Apostoli di raccogliere i resti dei pani moltiplicati, così ella, anticipatrice, raccoglie ogni frammento di ciò che riguarda Cristo. Nulla deve andare perduto: parole, gesti, emozioni. Tutto deve essere raccolto nel profondo scrigno dell’anima.

* Ma lo spirito di Maria non è un semplice e geloso contenitore di ricordi, un puro esercizio di memoria: è anche il luogo della riflessione. Quanto accade attorno a Gesù, piccolo o grande che sia, ha significato, è un ammaestramento, ha un senso che va oltre perché riguarda l’umanità intera, tocca innanzitutto lei e poi la storia di tutti e di ciascuno: una storia sempre d’amore e di salvezza. La riflessione di Maria si rivela desiderio e ricerca della volontà di Dio. Per questo è preghiera.

* E infine, il raccoglimento e la meditazione sfociano nel loro naturale estuario: la vita. Ecco perché Luca parla del cuore. Per la Bibbia il “cuore” è il centro profondo, originante il mistero della persona; è il luogo delle scelte, dove la
riflessione si intreccia con la decisione di agire. Potremmo dire che il cuore è la sintesi di intelligenza, volontà, affetto, azione: appunto la vita dell’uomo.

45. Maria diventa anche così nostro modello per il cammino spirituale, indicandoci i tre atteggiamenti di fondo che l’evangelista riporta e che abbiamo appena indicati.
Siamo tutti esposti alla tentazione di correre sulle cose disperdendo quanto il Signore ci dona di beni, situazioni, incontri, affetti, richiami interiori, occasioni di fede e di preghiera. E’ stolto disperdere la grazia di Dio. E’ saggio raccogliere e deporre nel nostro animo la vita nella sua interezza, il Vangelo nella sua perenne novità e in ogni sua briciola. Raccogliere per riflettervi, per entrare nel profondo dei messaggi reconditi che la Provvidenza ci offre. Un fatto – qualunque sia – è sempre di più di ciò che appare: racchiude un insegnamento da scoprire. E’ necessario farci ricercatori attenti come Maria, perché quanto meditato ci introduca alla realtà vera delle cose, diventi criterio di giudizio, di scelta, di azione: quindi vita.

46. Ma l’esempio della Santa Vergine va oltre. Non possiamo certamente entrare nel mistero ineffabile della sua vita spirituale; neppure immaginare l’intensa profondità del suo rapporto con Dio, la sua attenzione di madre ma anche di prima discepola di Gesù. Chi più di lei ha potuto vivere l’incontro interiore con il Signore?
Eppure – ecco un nuovo ammaestramento - il suo rapporto unico con Dio, la coltivazione intensa della vita dell’anima, non impediscono alla Vergine di essere presente e operosa nella vita quotidiana, dentro alla storia degli uomini. Anzi, è proprio la sua impareggiabile spiritualità che le permette di incarnarsi nelle vicende grandi e piccole dell’umana esistenza. E’ ancora il Vangelo a testimoniarlo. Basta pensare alla visita di Maria all’anziana cugina Elisabetta, incinta di Giovanni Battista: la Santa Vergine non attende di essere chiamata in soccorso, intuisce il bisogno e previene la richiesta. Basta riandare a Cana: Maria partecipa alla festa di nozze di due giovani ignari del piccolo dramma che incombe, la mancanza di vino. Lei si accorge di quanto avviene: è attenta, vigile e, con estrema discrezione e tempestività, interviene presso Gesù: “Non hanno più vino” (Giovanni 2, 3).

Maria dunque non si assenta dalla storia; al contrario vi entra e l’abbraccia con maggiore passione proprio perché la vede con lo sguardo fine dello spirito e la ama con cuore ardente. E’ sempre così quando la creatura procede nella vita spirituale, la coltiva seriamente, si fa docile all’azione dello Spirito Santo. Il timore di dimenticare il mondo perché ci si dedica a Dio è un timore infondato, costantemente smentito da secoli di cristianesimo. Molti di coloro che hanno cambiato il corso della storia sono mistici, anime che hanno vissuto la spiritualità come dimensione portante della vita, che hanno solcato il tempo con il senso dell’eternità: basta pensare a san Francesco d’Assisi, a santa Teresa d’Avila, a sant’Ignazio di Lojola, a Padre Pio, a Madre Teresa di Calcutta e a tanti altri, anche viventi.

47. Nella famosa Lettera a Diogneto leggiamo un’espressione particolarmente incisiva ed efficace: “…ciò che l’anima è per il corpo, i cristiani lo sono per il mondo”! Lungi da posizioni di intimo spiritualismo che fugge il presente, l’uomo veramente “spirituale” si immerge nel tempo, lo assume nel positivo, ne scorge le potenzialità, si fa costruttore di una umanità migliore anche con il sacrificio di se stesso, smaschera il male nelle sue espressioni vecchie e nuove: ma sempre con profonda simpatia per questo mondo straordinario e drammatico insieme. La sua, riflette l’infinita simpatia di Dio che, guardando l’opera delle sue mani, riconosce la radicale bontà del creato (cfr Genesi 1). L’anima che percorre le vie dello spirito, dunque, si apre alla storia con una intelligenza e un cuore illuminati dal Vangelo. Come ho già ricordato, ne diventa fermento.
La fede rivela l’orizzonte ultimo della storia, il suo fine definitivo e quindi il senso più vero della nostra vita. Non offre ricette magiche ai problemi, ma risponde in Gesù al problema fondamentale: chi è l’uomo nella sua radicalità e completezza, nel suo destino. Non sarà mai sufficiente – come la storia testimonia – che la società assicuri il benessere e lo svago: l’uomo è desiderio di vivere. Avrà sempre bisogno di conoscere il significato della vita, il perché della morte. Suonano significative le parole di L. Pirandello: “Noi non possiamo comprendere la vita, se in qualche modo non ci spieghiamo la morte” (Il fu Mattia Pascal).

48. Cari fratelli e sorelle! E’ giunto il momento del congedo. Scrivere questa Lettera è stato come essere in compagnia di ciascuno di voi, innanzitutto dei miei carissimi Confratelli nel Sacerdozio. E’ stato come percorrere un tratto di strada insieme. Ho parlato solo io attraverso lo scritto: però, in realtà, è stato come rispondervi. In questo primo anno del mio ministero come Ordinario Militare, ho cercato di conoscere, avvicinare, ascoltare, intuire il più possibile il popolo che Dio mi ha affidato. Ecco perché, in un certo senso, questa Lettera esprime un “colloquio” con voi. Molte sono le vie attraverso le quali il cuore comunica. Sento che la comunicazione tra il Pastore e la sua Comunità è avvenuta, per lo meno è iniziata. Chiedo a tutti di continuarla.
Vi ho scritto consapevole dei miei doveri di Vescovo: parlarvi di Dio è il mio primo compito. Solo Lui infatti indica la via, la verità, la vita: è Cristo!

Affido questa Lettera Pastorale alla lettura benevola di tutti e di ciascuno; alla vostra riflessione personale ed eventualmente comunitaria; come orientamenti per le
decisioni che ognuno vorrà prendere per la propria vita spirituale e quindi per crescere come Chiesa nella fede, nella speranza, nell’amore evangelico, nell’annuncio di Gesù, unico Salvatore del mondo.

I nostri Cappellani Militari, ai quali rinnovo la mia stima grata e fraterna, saranno certamente disponibili con generosità e fiducia perché ognuno possa trarne profitto e perché la nostra Comunità possa camminare speditamente nelle vie dello Spirito.

Per intercessione della Santa Vergine e dei nostri Santi Patroni vi benedico con affetto.




Roma 23 ottobre 2004
San Giovanni da Capestrano
Patrono dei Cappellani Militari

Angelo Bagnasco
Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia