44. “Maria serbava tutte queste
cose meditandole nel suo cuore” (Luca 2, 19)
L’evangelista apre con sobrietà uno spiraglio sul mondo
interiore di Maria: ne possiamo intravedere un triplice atteggiamento:
raccoglimento, riflessione e vita.
* La Madre di Gesù non disperde nulla di quanto avviene attorno
al figlio: come un giorno il Signore ordinerà agli Apostoli
di raccogliere i resti dei pani moltiplicati, così ella,
anticipatrice, raccoglie ogni frammento di ciò che riguarda
Cristo. Nulla deve andare perduto: parole, gesti, emozioni. Tutto
deve essere raccolto nel profondo scrigno dell’anima.
* Ma lo spirito di Maria non è un semplice e geloso contenitore
di ricordi, un puro esercizio di memoria: è anche il luogo
della riflessione. Quanto accade attorno a Gesù, piccolo
o grande che sia, ha significato, è un ammaestramento, ha
un senso che va oltre perché riguarda l’umanità
intera, tocca innanzitutto lei e poi la storia di tutti e di ciascuno:
una storia sempre d’amore e di salvezza. La riflessione di
Maria si rivela desiderio e ricerca della volontà di Dio.
Per questo è preghiera.
* E infine, il raccoglimento e la meditazione sfociano nel loro
naturale estuario: la vita. Ecco perché Luca parla del cuore.
Per la Bibbia il “cuore” è il centro profondo,
originante il mistero della persona; è il luogo delle scelte,
dove la
riflessione si intreccia con la decisione di agire. Potremmo dire
che il cuore è la sintesi di intelligenza, volontà,
affetto, azione: appunto la vita dell’uomo.
45. Maria diventa anche così nostro modello per il cammino
spirituale, indicandoci i tre atteggiamenti di fondo che l’evangelista
riporta e che abbiamo appena indicati.
Siamo tutti esposti alla tentazione di correre sulle cose disperdendo
quanto il Signore ci dona di beni, situazioni, incontri, affetti,
richiami interiori, occasioni di fede e di preghiera. E’ stolto
disperdere la grazia di Dio. E’ saggio raccogliere e deporre
nel nostro animo la vita nella sua interezza, il Vangelo nella sua
perenne novità e in ogni sua briciola. Raccogliere per riflettervi,
per entrare nel profondo dei messaggi reconditi che la Provvidenza
ci offre. Un fatto – qualunque sia – è sempre
di più di ciò che appare: racchiude un insegnamento
da scoprire. E’ necessario farci ricercatori attenti come
Maria, perché quanto meditato ci introduca alla realtà
vera delle cose, diventi criterio di giudizio, di scelta, di azione:
quindi vita.
46. Ma l’esempio della Santa Vergine va oltre. Non possiamo
certamente entrare nel mistero ineffabile della sua vita spirituale;
neppure immaginare l’intensa profondità del suo rapporto
con Dio, la sua attenzione di madre ma anche di prima discepola
di Gesù. Chi più di lei ha potuto vivere l’incontro
interiore con il Signore?
Eppure – ecco un nuovo ammaestramento - il suo rapporto unico
con Dio, la coltivazione intensa della vita dell’anima, non
impediscono alla Vergine di essere presente e operosa nella vita
quotidiana, dentro alla storia degli uomini. Anzi, è proprio
la sua impareggiabile spiritualità che le permette di incarnarsi
nelle vicende grandi e piccole dell’umana esistenza. E’
ancora il Vangelo a testimoniarlo. Basta pensare alla visita di
Maria all’anziana cugina Elisabetta, incinta di Giovanni Battista:
la Santa Vergine non attende di essere chiamata in soccorso, intuisce
il bisogno e previene la richiesta. Basta riandare a Cana: Maria
partecipa alla festa di nozze di due giovani ignari del piccolo
dramma che incombe, la mancanza di vino. Lei si accorge di quanto
avviene: è attenta, vigile e, con estrema discrezione e tempestività,
interviene presso Gesù: “Non hanno più vino”
(Giovanni 2, 3).
Maria dunque non si assenta dalla storia; al contrario vi entra
e l’abbraccia con maggiore passione proprio perché
la vede con lo sguardo fine dello spirito e la ama con cuore ardente.
E’ sempre così quando la creatura procede nella vita
spirituale, la coltiva seriamente, si fa docile all’azione
dello Spirito Santo. Il timore di dimenticare il mondo perché
ci si dedica a Dio è un timore infondato, costantemente smentito
da secoli di cristianesimo. Molti di coloro che hanno cambiato il
corso della storia sono mistici, anime che hanno vissuto la spiritualità
come dimensione portante della vita, che hanno solcato il tempo
con il senso dell’eternità: basta pensare a san Francesco
d’Assisi, a santa Teresa d’Avila, a sant’Ignazio
di Lojola, a Padre Pio, a Madre Teresa di Calcutta e a tanti altri,
anche viventi.
47. Nella famosa Lettera a Diogneto leggiamo un’espressione
particolarmente incisiva ed efficace: “…ciò che
l’anima è per il corpo, i cristiani lo sono per il
mondo”! Lungi da posizioni di intimo spiritualismo che fugge
il presente, l’uomo veramente “spirituale” si
immerge nel tempo, lo assume nel positivo, ne scorge le potenzialità,
si fa costruttore di una umanità migliore anche con il sacrificio
di se stesso, smaschera il male nelle sue espressioni vecchie e
nuove: ma sempre con profonda simpatia per questo mondo straordinario
e drammatico insieme. La sua, riflette l’infinita simpatia
di Dio che, guardando l’opera delle sue mani, riconosce la
radicale bontà del creato (cfr Genesi 1). L’anima che
percorre le vie dello spirito, dunque, si apre alla storia con una
intelligenza e un cuore illuminati dal Vangelo. Come ho già
ricordato, ne diventa fermento.
La fede rivela l’orizzonte ultimo della storia, il suo fine
definitivo e quindi il senso più vero della nostra vita.
Non offre ricette magiche ai problemi, ma risponde in Gesù
al problema fondamentale: chi è l’uomo nella sua radicalità
e completezza, nel suo destino. Non sarà mai sufficiente
– come la storia testimonia – che la società
assicuri il benessere e lo svago: l’uomo è desiderio
di vivere. Avrà sempre bisogno di conoscere il significato
della vita, il perché della morte. Suonano significative
le parole di L. Pirandello: “Noi non possiamo comprendere
la vita, se in qualche modo non ci spieghiamo la morte” (Il
fu Mattia Pascal).
48. Cari fratelli e sorelle! E’ giunto il momento del congedo.
Scrivere questa Lettera è stato come essere in compagnia
di ciascuno di voi, innanzitutto dei miei carissimi Confratelli
nel Sacerdozio. E’ stato come percorrere un tratto di strada
insieme. Ho parlato solo io attraverso lo scritto: però,
in realtà, è stato come rispondervi. In questo primo
anno del mio ministero come Ordinario Militare, ho cercato di conoscere,
avvicinare, ascoltare, intuire il più possibile il popolo
che Dio mi ha affidato. Ecco perché, in un certo senso, questa
Lettera esprime un “colloquio” con voi. Molte sono le
vie attraverso le quali il cuore comunica. Sento che la comunicazione
tra il Pastore e la sua Comunità è avvenuta, per lo
meno è iniziata. Chiedo a tutti di continuarla.
Vi ho scritto consapevole dei miei doveri di Vescovo: parlarvi di
Dio è il mio primo compito. Solo Lui infatti indica la via,
la verità, la vita: è Cristo!
Affido questa Lettera Pastorale alla lettura benevola di tutti e
di ciascuno; alla vostra riflessione personale ed eventualmente
comunitaria; come orientamenti per le
decisioni che ognuno vorrà prendere per la propria vita spirituale
e quindi per crescere come Chiesa nella fede, nella speranza, nell’amore
evangelico, nell’annuncio di Gesù, unico Salvatore
del mondo.
I nostri Cappellani Militari, ai quali rinnovo la mia stima grata
e fraterna, saranno certamente disponibili con generosità
e fiducia perché ognuno possa trarne profitto e perché
la nostra Comunità possa camminare speditamente nelle vie
dello Spirito.
Per intercessione della Santa Vergine e dei nostri Santi Patroni
vi benedico con affetto.
Roma 23 ottobre 2004
San Giovanni da Capestrano
Patrono dei Cappellani Militari
Angelo Bagnasco
Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia
|